Falso in bilancio: governo finge di reintrodurre reato, ma lascia tutto come prima

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Dopo il “salva-Berlusconi” inserito dalla manina di Renzi nel decreto sulla delega fiscale, il M5S scopre un’altra vergognosa magagna firmata dal governo, questa volta in materia di falso in bilancio.
Nel 2002 Berlusconi cancellò, con un colpo di spugna, il reato di falso in bilancio. Il governo, sollecitato da più parti, in primis dal Movimento 5 Stelle che da sempre chiede di reintrodurre questo reato, è stato costretto a correre ai ripari. O meglio, ha fatto finta di farlo, ma così non è. E vi spieghiamo il perchè.
In un primo momento, con il pacchetto anticorruzione in esame in Commissione Giustizia al Senato, la maggioranza aveva presentato un testo che conteneva modifiche all’attuale art. 2621 c.c. e reintroduceva il reato di falso in bilancio, inasprendo le pene fino a 6 anni. Ma soprattutto, andava ad eliminare quelle cause di non punibilità che all’epoca Berlusconi aveva introdotto per salvare Mediaset e che prevedevano chiaramente che chi falsifica il bilancio in misura inferiore al 5% del risultato economico di esercizio, cioè dell’utile d’impresa, o nella misura dell’1% del patrimonio netto, non è penalmente perseguibile.
Fin qui tutto bene. Se non fosse che, all’improvviso, è spuntata la magica manina che ancora una volta ha cambiato le carte in tavola: con un emendamento presentato al testo base della Commissione (7.1000), il governo ha mantenuto quelle cause di non punibilità che erano state introdotte da Berlusconi.
Risultato: Renzi andrà in tv a dire di aver reintrodotto il reato di falso in bilancio e di aver innalzato le pene per chi commette questo reato, ma la verità è che lascia intatta quella stessa depenalizzazione che ha permesso a Berlusconi e molti altri di farla franca. Con questa modifica si potrà impunemente continuare a falsificare i bilanci, basterà non superare il 5% dell’utile, esattamente come avviene oggi.
Facciamo un esempio e consideriamo due imprese, una grande e una piccola. Se la grande impresa ha un utile netto di 1 miliardo di euro, può tranquillamente falsificare il bilancio fino a 50 milioni di euro (pari al 5% dell’utile netto) senza timore di essere penalmente perseguita; nel caso della piccola impresa che ha un utile netto di 100 mila euro, invece, basta un falso in bilancio di 5 mila euro per far scattare il reato.
Come si vede, a trarne vantaggio saranno sempre i pesci grandi, che in questo modo potranno facilmente dar vita a fondi neri destinati ad alimentare la corruzione che solo a parole il Governo intende combattere.
Se il governo avesse davvero voluto reintrodurre il reato di falso in bilancio, avrebbe semplicemente dovuto eliminare queste cause di non punibilità (la soglia dell’1 e del 5%).
Di chi sarà stata questa volta la “manina”?