Reverse charge: la follia del Governo sull’Iva

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Il Governo Renzi ha esteso il meccanismo di inversione contabile dell’Iva (reverse charge) per i fornitori di supermercati, ipermercati e discount (grande distribuzione). I fornitori, naturalmente, sono piccole e medie imprese, che ne pagheranno le conseguenze.
In condizioni normali, infatti, l’impresa fornitrice acquista le materie prime pagando su esse l’Iva al 22%. In seguito lavora le materie prime ottenendo dei prodotti finiti dal valore maggiore e li vende alla grande distribuzione, che paga a sua volta l’Iva al 22%. L’impresa fornitrice quindi prima paga l’Iva per acquistare le materie prime e poi la riceve cedendo i prodotti finiti ai supermercati.
Con il reverse charge, invece, l’impresa fornitrice continuerà a pagare l’Iva per acquistare le materie prime, ma non riceverà l’Iva dalla grande distribuzione. L’Iva sarà interamente versata allo Stato da supermercati, ipermercati e discount. Per lo Stato, in teoria, non cambia nulla, e nemmeno per la grande distribuzione, ma per le imprese fornitrici c’è un ammanco di cassa notevole che sarà colmato dal rimborso dello Stato solo dopo alcuni mesi, o peggio.
Un piccolo esempio: l’impresa X acquista materie prime per un valore di 100 e paga per esse 122 (Iva al 22%). X lavora le materie prime e confeziona prodotti finiti per un valore di 110 e vende al supermercato Y a quel prezzo, senza aggiungere il 22% di Iva (24,2). Il supermercato vende il prodotto caricando l’Iva più un margine di profitto sul prezzo finale, ipotizziamo 10, (110+10+Iva al 22%=146,4). All’impresa X deve tornare un importo di 22 dallo Stato (Iva sull’acquisto) ma nell’attesa, con le vendite in calo per la crisi, come pagare le materie prime, i lavoratori e i macchinari? X potrebbe fallire o licenziare parte dei dipendenti, con effetti a catena su domanda, occupazione e gettito.
Il Governo sostiene che concentrando il pagamento dell’Iva nella grande distribuzione si evitano manovre di evasione fiscale (fatture non emesse dai fornitori). In realtà le minori entrate per le imprese fornitrici aggraveranno la crisi economica. Una manovra del tutto folle.
Senza contare che casualmente questa disciplina non ha alcun effetto sulle imprese estere che esportano in Italia, visto che l’IVA è imposta territoriale e non si applica ai non residenti. Non vorremmo che questo si traduca in un ulteriore incentivo a puntare sulle importazioni anziché sulle produzioni interne, ammesso e non concesso che di produzione interna ne rimanga ancora dopo la cura Monti-Renzi-Troika…
I rischi non finiscono qui: il reverse charge è stato inserito nella legge finanziaria per guadagnare 750 milioni di nuovo gettito. Se, come è probabile, la Ue boccerà questa norma, il Governo si troverà scoperto di quella cifra e dovrà coprire il buco facendo scattare la prima clausola di salvaguardia: l’aumento delle accise sui carburanti.
Che il reverse charge sia promosso o bocciato dalla Ue saranno comunque i cittadini a pagare per l’incapacità e la malafede del Governo Renzi.