Almaviva, ma quanto ci costi?

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Alla fine di dicembre è saltata la trattativa dei sindacati con Almaviva, l’azienda di call center pronta a delocalizzare e a mettere sulla strada oltre 1600 famiglie a Roma. In seguito, Almaviva ha fatto retromarcia e si è dichiarata disposta a mantenere i posti di lavoro ricollocando i dipendenti secondo le norme del Jobs Act.
Ma c’è poco di lodevole nel ripensamento aziendale perché a pagare, alla fine, sarà il solito Pantalone: il piano del governo su Almaviva, infatti, prevede un’elargizione di ben 8 milioni di euro del contribuente per ingrassare il business delle agenzie private di job recruitment attraverso l’assegno di ricollocazione. Inoltre, stanzia altre risorse per la mangiatoia della formazione professionale, e ripete così l’errore degli incentivi alle aziende per le assunzioni a tempo indeterminato che poi tale non è, visto che parliamo delle famigerate tutele crescenti.
Ma se siete stufi di sovvenzionare chi licenzia e delocalizza, sappiate che al peggio non c’è mai fine. La pubblica Cassa Depositi e Prestiti (tramite la controllata Simest) ha elargito 6 milioni di euro per aiutare… i lavoratori brasiliani: i soldi sono finiti infatti alla prospera Almaviva do Brasil. D’altronde la Simest sta lì apposta, dato che la sua ragione è quella di sostenere “l’internazionalizzazione delle imprese”. Già, in pratica noi cittadini foraggiamo proprio chi porta lavoro all’estero, e su questo il M5S ha fatto un’interrogazione a firma Davide Crippa.
Tornando alla questione call center, il M5S ha depositato da tempo una sua proposta di legge a firma Claudio Cominardi, che prevede tra le altre cose contratti a tempo determinato, stop alle delocalizzazioni e tutela della privacy. Basterebbe discuterla subito per aiutare tante famiglie.