Derivati, bruciati già 29 miliardi: ci costano quanto una manovra

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La Corte dei Conti ha aperto un atto di citazione: i contratti derivati firmati dal Tesoro con la Morgan Stanley, tra il 2011 e il 2012, sono costati allo Stato oltre 3 miliardi di euro. Ma non si tratta solo di un unico caso: tutti i contratti finora stipulati a destra e a manca ci sono costati ufficialmente già 29 miliardi nel periodo 2011-2016, tra interessi netti sborsati alle banche e altre operazioni connesse. E i derivati ancora in vita rischiano di mandare in fumo una cifra vicina ai 40 miliardi nei prossimi anni. Un’ecatombe.
La Corte dei conti, che chiede danni per 4,1 miliardi, evidenzia come lo Stato abbia sottoscritto contratti che erano di copertura per le banche, ma speculativi per la Repubblica. E la dirigenza del ministero non aveva nemmeno i mezzi e le risorse per predisporre le garanzie collaterali necessarie a neutralizzare l’eventuale chiusura dei derivati rischiosi.
I responsabili di questo disastro, poi, sono ancora tutti saldamente in poltrona. Maria Cannata continua a gestire il nostro enorme debito pubblico, mentre la banca d’affari americana è ancora tra gli specialisti che sovrintendono alle nostre emissioni assieme al ministero. Nulla si muove e nessuno paga il conto, a fronte di un salasso che sta vedendo andare in fumo decine di miliardi di soldi degli italiani e sta in pratica annullando gli effetti benefici del quantitative easing Bce.
E i direttori del Tesoro che hanno firmato queste genialate? Tutti destinati a luminose carriere, e tutti presso banche emittenti di derivati: Mario Draghi in Goldman Sachs, Domenico Siniscalco in Morgan Stanley e Vittorio Grilli in Jp Morgan. Il loro curriculum è stato apprezzato.
Portavoce Commiss. Bilancio e Finanze, M5S Camera