Siamo con Perugina, e la sua storia italiana

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Ci sono momenti in cui si ha il dovere di uscire di casa per mobilitarsi a fianco dei lavoratori che scendono in piazza per difendere il lavoro e la sua dignità: come sabato 7 Ottobre, in marcia a Perugia, a sostegno dei lavoratori della Perugina contro quei 364 esuberi su 800 dipendenti dichiarati dalla multinazionale svizzera Nestlè.
Ma questa marcia è anche in sostegno dei lavoratori della ex Merloni, della Colussi dell’ex Novelli, dell’Ast e delle tante aziende umbre in crisi, perché questa marcia è di tutti e ci siamo tutti.
E’ questione di responsabilità sociale.
Ci sono momenti in cui occorre ricordare alle multinazionali che sono ospiti dei nostri territori e che ne devono rispettare identità e sensibilità. Ci sono momenti in cui è bene ricordare ai governi che lo Stato Italiano non è il bancomat delle multinazionali, un bancomat che le finanzia con la cassa integrazione a perdere.
Era il 1920 quando Luisa Spagnoli s’inventò, dagli scarti di lavorazione delle nocciole, un cioccolatino talmente sgraziato che volle chiamare “cazzotto”, per la forma irregolare che ricordava quella di un pugno. Fu da un’intuizione di Giovanni Buitoni, allora amministratore delegato dell’azienda, che nacque il nome “Bacio”, più funzionale sul piano commerciale. Due menti italiane, espressione della grande creatività italiana.
Ne nacque anche un fiorente indotto artistico, con le prestigiose grafiche e campagne pubblicitarie di Federico Seneca.
Negli anni ’70 la Perugina arriva a contare 5mila dipendenti (10mila con l’indotto), diventando la più grande industria dolciaria della Regione. Nel 1988 viene ceduta alla Nestlè.
Da diversi anni i dipendenti della Perugina denunciano, inascoltati, i rischi per la sopravvivenza dello stabilimento stesso: diminuzione dei volumi di produzione, riduzione della varietà di prodotti, smantellamento degli impianti, inerzia rispetto alle disfunzioni delle linee di produzione, ricorso in forma patologica alla Gigo e ai contratti di solidarietà.
I timori erano fondati: la multinazionale Nestlè ha dichiarato 364 esuberi su 800 dipendenti, al termine della CIG nel 2018. Eppure nel piano industriale di rilancio dello stabilimento Perugina, che prevedeva investimenti per 60 milioni di euro in 3 anni, non si parlava di esuberi.
E la multinazionale svizzera Nestlè, dopo aver messo in vendita la linea dei gelati, le storiche caramelle Rossana, i pasticcini Ore Liete e tutto il comparto delle Strenne, ovvero la linea di prestigio dei regali aziendali, distruggendo tutta la rete di vendita, ora si appresta a mettere in vendita i lavoratori stessi. Pronta a elargire 30mila euro ad altre aziende del territorio che eventualmente li volessero ‘acquistare’. Per il M5S la dignità del lavoro non ha prezzo!
Questo accade nell’era del Jobs act, che ha reso monetizzabili i lavoratori, che li ha resi merce da barattare.
I territori, con la loro identità, non possono essere ostaggio delle manovre azionarie delle multinazionali: chissà se il cambio di rotta della multinazionale svizzera sia stato dettato dal fondo d’investimento americano Third Point, che recentemente è diventato uno degli azionisti più importanti del gruppo Nestlè. Non si gioca in borsa con i lavoratori: per il M5S i rendimenti degli azionisti, vengono dopo la tutela del lavoro.
Intanto è stata annunciata anche la chiusura dello stabilimento ex Nestlè del Gruppo Froneri di Parma che produce gelati industriali: altri 180 licenziamenti.
Lottare per la dignità del lavoro è nostro dovere di cittadini, dentro e fuori le istituzioni.
Ci sono momenti in cui non è possibile fare finta di niente.
Oggi è uno di quei momenti: il M5S c’è.
Tiziana Ciprini, MoVimento 5 Stelle Camera, Commissione Lavoro