Un altro blitz renziano: la nomina (molto chiacchierata) alle Dogane

kesslerdogane.jpg
Sulle agenzie fiscali, Entrate e Dogane in testa, si sta consumando una battaglia senza quartiere tra i partiti. Gli scissionisti di Bersani e D’Alema da una parte, il Pd renziano dall’altra: ciascuno ha le proprie clientele, le proprie rendite di posizione, i propri privilegi da difendere con le unghie e con i denti.
Il segretario dem ha messo Giovanni Kessler, uomo del Pd, a capo dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, un’agenzia importantissima che si occupa di importazione, esportazione, frontiere, giochi. Tale nomina non puzza soltanto al M5S, che aveva già sollevato il caso: l’autorevole giornale tedesco Der Spiegel ha parlato pochi giorni fa di pressioni del governo italiano per la nomina di Kessler, nonostante le proteste in Parlamento. E aggiunge che quello di Kessler dall’Olaf (l’ufficio europeo per la lotta antifrode) è un semplice, temporaneo distaccamento e non un vero e proprio congedo.
L’ex magistrato lascia uno stipendio di 19mila euro al mese, ma come racconta anche il Der Spiegel, nel suo nuovo incarico ne guadagnerà circa 240mila all’anno. Bel colpo. Dunque, avevamo ragione noi. Ma perché viene fatta una scelta del genere per una nomina a un ufficio così importante come la guida delle Dogane? Una nomina che richiede imparzialità e indipendenza per un organismo strategico che può garantire 15 miliardi annui di gettito all’erario?
Innanzitutto Kessler risulta essere molto vicino a Matteo Renzi, il solito prerequisito a cui ormai siamo abituati, e ha fatto carriera politica nei Ds e poi tra i dem. Da magistrato ha fatto persino una legislatura alla Camera con l’Ulivo. La moglie, la giurista Daria De Pretis, è stata nominata giudice della Corte costituzionale da Giorgio Napolitano nell’ottobre del 2014, durante il Governo di Renzi.
Sempre secondo il settimanale di Amburgo, Kessler avrebbe ricevuto soldi da intermediari per modifiche alla direttiva Ue sui tabacchi. È risaputo, poi, come sia indagato dalla magistratura belga per aver disposto intercettazioni illegali quando era a capo dell’Olaf, un’indagine che nel 2016 gli era costata il taglio dell’immunità europea.
Insomma, il Pd continua a trattare le istituzioni e le articolazioni dello Stato come cosa propria, e il capo del corpo di vigilanza della Ue, la cristiano-democratica Ingeborg Graessle (Cdu), sospetta addirittura che la Commissione voglia “comprare” il silenzio dell’ex ispettore delle frodi con questo trattamento di favore.
L’interrogazione che il MoVimento aveva presentato prima della nomina non ha fermato il Governo: la scelta inaccettabile è stata compiuta. Nessuno si è degnato di fornirci una risposta, ma per lo meno ora anche oltre le Alpi si stanno chiedendo di quanta faccia tosta sia capace il Governo italiano. Dobbiamo ringraziare Der Spiegel, che cita il M5S e si fa le domande giuste: la stampa italiana invece tace -con pochissime eccezioni-, sempre perfettamente allineata al sistema di potere del nostro Paese.
Giorgio Sorial, M5S Camera Commissione Bilancio