La gabbia d’acciaio dell’euro e la via d’uscita

Thumbnail image for euros.jpg
L’euro è la prigione del benessere e della democrazia. Il M5S lo sostiene da anni, ma a parte qualche economista critico (per primo Bagnai, poi Cesaratto, Brancaccio, Giacché, Rinaldi, Galloni…) in Italia tutto tace. Dopo aver difeso gli inesistenti benefici dell’euro fino all’alba della crisi, la retorica dei pro-euro è cambiata lentamente, ma inesorabilmente, passando dall’attacco alla difesa. Oggi ci dicono che la crisi è internazionale e l’euro non c’entra, oppure che l’euro ci protegge dalla guerra valutaria che la Cina avrebbe scatenato, o ancora che uscendo dall’euro, in ogni caso, c’è il disastro economico e sociale, l’iperinflazione e la desertificazione industriale. Peccato che dentro l’euro tutto ciò sia già accaduto, salvo l’inflazione, che ci servirebbe come l’ossigeno. Dal 2008 ad oggi l’Italia ha perso il 9% circa di reddito nazionale, la disoccupazione si è moltiplicata dal 6% al 12,7%, e si è stabilizzata a inizio 2015 solo a causa della fortunata congiuntura internazionale (prezzo del petrolio in calo, svalutazione dell’euro e contenimento degli interessi per opera del Quantitative Easing di Draghi). Il dato sulla disoccupazione dimostra che il settore industriale italiano è già in via di smantellamento. Migliaia di aziende, piccole e medie in particolare, hanno chiuso i battenti, altre hanno delocalizzato la produzione e altre ancora hanno dovuto svendersi a compratori esteri, privando gli italiani di posti di lavoro, profitti e investimenti. Come se non bastasse, i governi Monti, Letta e Renzi hanno giurato fedeltà all’austerità franco-tedesca aumentando la pressione fiscale di anno in anno e tagliando selvaggiamente le spese sociali (sanità, scuola, trasporto pubblico). In parallelo prosegue tuttora la svendita delle grandi aziende controllate dallo Stato. Giapponesi, cinesi, tedeschi e francesi hanno già messo le mani sui gioielli nazionali e la gestione criminosa dell’Eni fa pensare che anche sul versante energetico arriveranno delle spiacevoli sorprese. Le privatizzazioni sono il nuovo mantra del Governo Renzi, che spera di far digerire la pillola amara agli italiani accusando gli Enti locali di indicibili sprechi. Non dice però che agli stessi Enti locali sono stati tagliati decine di miliardi di trasferimenti statali in pochi anni e che il suo Governo si sta dando da fare per non essere da meno di quello del professor Monti.
C’è chi sostiene che in fondo tutto questo sarebbe successo anche fuori dall’euro. Ma è una sciocchezza. L’euro è l’architrave di una costruzione politica volutamente imperfetta, l’Unione Europea, nella quale le asimmetrie economiche rispecchiano i rapporti di forza politici. La Bce, Banca centrale teoricamente indipendente, è osservata speciale di Berlino, e i trattati europei, da Maastricht al Fiscal compact, impediscono di rispondere alla crisi con manovre keynesiane (investimenti produttivi e sussidi ai più deboli). L’euro, quindi, ben più che una moneta, è “un metodo di Governo” (Bagnai). A testimonianza di quanto si è detto c’è la tragedia greca, ormai consumata col peggiore dei compromessi. Bisogna ringraziare il Governo Tsipras perché con le sue fallimentari giravolte ha dimostrato una volta per tutte che dentro l’euro non esiste altro che austerità e miseria. Va detto ancor più chiaramente: l’euro è l’austerità. Di fronte a queste evidenze, è chiaro che l’analisi economica può spiegare solo una parte del nostro declino. I rapporti di forza geopolitici sono alla base della costruzione europea e l’aggressione americana ai confini russi dimostra una volta di più la subalternità dell’Unione europea ai disegni di Washington. È chiaro che il declino non si arresterà se non con un completo reset di questa infausta classe dirigente, che ha nel Pci europeista poi trasformatosi in Pds, Ds e infine Pd la sua ragion d’essere. Solo una forza politica indipendente può riprendere in mano le leve della sovranità nazionale e riunire il popolo italiano in un fronte di liberazione dall’euro, dai trattati europei e dalle folli guerre d della Nato a guida americana. Uscire dall’euro si può. Sia tecnicamente che politicamente. Senza un atto di coraggio del popolo italiano, però, continueremo a perdere pezzi di sovranità e la democrazia rimarrà un guscio vuoto manipolato dal Renzi di turno.
Una triste fine, che non meritiamo.