Decreto ILVA: nessuna tutela per salute, ambiente e lavoro
Oggi il Senato ha approvato, con il voto contrario del Movimento 5 stelle, il decimo decreto che riguarda l’Ilva. I precedenti erano stati ribattezzati Salva Ilva, Salva Riva, Ammazza Taranto, Salva Ilva Bis, e così via. E come i precedenti anche l’odierno decreto non risolve nulla, anzi ha accentuato e peggiorato tutto quello che si poteva peggiorare, e semmai si potevano fare ulteriori danni, ecco che sono stati fatti.
Con questo decreto si sancisce emblematicamente il completo fallimento di tutti i governi che si sono succeduti da quando lo stabilimento è stato acquisito dai Riva. Dieci decreti per un nulla di fatto. Nessuna tutela ambientale, nessuna sicurezza sul lavoro, spregio della Costituzione, condanne della Corte di giustizia europea passate (2011), procedure di infrazione presenti (2013) e future per sospetti aiuti di Stato, la commissione UE sta indagando. Per arrivare oggi ad una vendita al buio degli stabilimenti ILVA, con trattativa privata, includendo anche Cornigliano e Genova, con un bando partito ancora prima che il dibattito parlamentare avesse inizio.
Per il risanamento ambientale anche stavolta non si farà nulla, come non è stato fatto nulla sino ad oggi, se non rimandare continuamente con ogni decreto salva Ilva la scadenza dell’adempimento delle prescrizioni AIA. Prima nel 2014, poi Luglio 2015, poi a Dicembre 2016 e adesso viene spostato tutto al 30 Giugno 2017.
Sul fronte lavorativo si paventa una nuova ondata di 3500 contratti di solidarietà: gli operai che lavorano all’Ilva sono stretti tra la prospettiva di perdere il posto in fabbrica e le condizioni di lavoro carenti negli standard di sicurezza, con infortuni continui, la cui reale incidenza non si conosce perché gli operai sono incentivati a non denunciare in cambio di “premi”.
Una fabbrica messa in vendita mentre il decreto viene approvato, uno stabilimento che per il Movimento 5 stelle andrebbe smantellato con conseguente bonifica e riconversione del sito. Continuiamo ad insistere sulla miopia di una classe dirigente e di un governo che anziché investire nelle bonifiche si ostina a voler salvare un gigante di ferro obsoleto che continua a perdere soldi e a lasciare una scia di inquinamento sempre più grave.
L’Ilva è senza futuro. Esattamente come l’Italia nelle mani di questo Governo che non ha pensato alla salute dei cittadini e all’ambiente e non ha pensato ai lavoratori, ai quali avrebbe dovuto fare da scudo. Invece Renzi e il suo esecutivo ha fatto da scudo soltanto alla finanza, e agli amici degli amici. Le good e le bad company in Italia sono state un esempio di fallimentare politica industriale.
In particolare vengono dati 300 milioni all’Ilva per indilazionabili esigenze finanziarie del gruppo. Come mai non sono “improrogabili esigenze” anche la salute dei cittadini e il risanamento ambientale? I soldi pubblici per rimpinguare le casse dei Riva si trovano sempre, per le bonifiche no.
Gli aiuti del governo, che ha utilizzato lo Stato per salvare un’azienda privata, sono finiti nel mirino della UE. L’Europa ha avviato un’indagine, e valuterà se le misure italiane di sostegno rispettino le norme europee sugli aiuti di Stato. Aiuti che complessivamente si aggirano attorno ai 2 miliardi di euro, e potrebbero portare al nostro paese una pesante sanzione: l’Italia verrà multata, i cittadini pagheranno, ed il Governo avrà fatto gli affari suoi e dei suoi amici Riva. Oltre al danno la beffa.
Inoltre questo decreto è incostituzionale. Se nel precedente decreto Ilva il governo aveva previsto per il commissario straordinario e per i soggetti da lui delegati una esclusione di responsabilità penale ed amministrativa, oggi aggiunge anche l’esclusione di responsabilità civile, violando ancora una volta la Costituzione.
Abbiamo già esposto le criticità di un decreto che è arrivato in Aula blindato, con l’ordine inviato dal Governo di procedere spediti senza modifiche. Di tutte le forze politiche in sede di commissioni riunite siamo intervenuti nel merito sempre e solo noi del M5S.
Sono stati approvati solo dei nostri ordini del giorno a firma Moronese G1.5; G1.6; G1.59
Nel territorio Jonico, lo ricordiamo, si muore più che altrove. Non lo dice solo il Movimento 5 stelle ma lo ha certificato l’Istituto Superiore di Sanità come riporta l’ultimo aggiornamento dello studio Sentieri.
A Taranto l’Ilva ha compromesso in maniera indissolubile l’ambiente e la salute dei cittadini. Un territorio ferito dall’inquinamento su tutti i fronti: acqua, terra ed aria. L’inquinamento del Mar Piccolo, che ha compromesso l’economia legata alla mitilicoltura, la coltivazione delle cozze, con grave danno per i pescatori. L’inquinamento del terreno dove i capi di bestiame andavano a brucare l’erba, e ne sono stati abbattuti a centinaia.
L’inquinamento dell’aria che respirano gli operai, gli abitanti del quartiere Tamburi e i cittadini tutti, con un aumento dei mesoteliomi di cui non vi è neanche contezza precisa, dato che il Registro tumori è una chimera. Persino “al campo santo” i tarantini devono fare i conti con la patina rosso ferro che si deposita sul marmo di chi non c’è più.
Per non parlare delle ordinanze del sindaco con il divieto di giocare con le mani nella terra nei giardinetti da cui si vedono le ciminiere che fumano giorno e notte, di notte più che di giorno. Anziché coprire i parchi minerali si preferisce vietare i parchi naturali ai bambini di Taranto mentre si continua ad avvelenare la città. E il risanamento sarà rinviato l’ennesima volta.
E mentre il presidente del Consiglio Renzi twitta: “Per Taranto e per l’Ilva riparte la speranza”, “La volta buona”, “Progetto Taranto” in città spuntano dei manifesti con una veduta della città di notte sovrastata dalle ciminiere piene di fumo: I Bambini di Taranto vogliono vivere.
Lo hanno visto tutti in città quel manifesto apparso una mattina, tranne il Governo. Poi, la giornata va avanti: il lavoro, la scuola, la cena all’ora del telegiornale, e intanto è stato approvato l’ennesimo decreto Ilva del governo. E per i cittadini di Taranto, ancora una volta, nessuna risposta ma ancora tanto veleno.
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