#StopCETA: quel trattato “provvisorio” che il Parlamento può far decadere
Il trattato CETA, l’accordo commerciale tra Canada ed Europa che obbedisce ai diktat delle multinazionali e che è stato approvato oggi dal Parlamento Europeo, non è affatto scritto nella pietra. Lo sapevate? Si può cancellare, si può rispedire al mittente: basta che un solo Parlamento nazionale abbia il coraggio di dire no.
Moltissimi cittadini europei hanno protestato contro questo accordo, deciso come sempre sopra le loro teste e contro la loro volontà. Tanta è stata la fretta del governo europeo nel metterci la firma, che si è finito con l’approvare un trattato contenente ogni sorta di obbrobrio, a cominciare dalle parti relative agli OGM lasciate in bianco in stile “ci penseremo poi”; ma la fretta ha spinto anche i promotori a bypassare la ratifica dei Parlamenti nazionali, che in teoria sarebbe richiesta prima dell’approvazione di un trattato “misto”, facendo quindi entrare in vigore il CETA in via provvisoria. Anche alle ratifiche nazionali ci si penserà poi.
Ma quando in realtà? Non si sa, non c’è una data di scadenza. Intanto il CETA è funzionante e valido per tutti, alla faccia dei Parlamenti che, ormai è chiaro, l’Europa non tiene poi in così grande considerazione.
Però forse sbaglia i suoi conti: perché se è vero che la ratifica del trattato può essere ora rimandata ad oltranza, è altrettanto vero che è sufficiente che uno dei Parlamenti nazionali dei 28 Paesi Ue dica NO e il CETA decadrà per tutti. Una prospettiva interessante, vero?
Interessante soprattutto considerando che molti Paesi europei andranno al voto nel giro di breve, che molti governi potrebbero cambiare, che maggioranze diverse potrebbero calendarizzare la ratifica con il preciso scopo di dire NO. Uno di questi Paesi potrebbe essere l’Italia, se il M5S andrà al governo: il nostro NO al CETA, e agli altri trattati capestro come il TTIP, è forte e chiaro da sempre.